Quando realizzai dentro di me queste dinamiche mi era però nato un desiderio diverso, legato alla mia fragilità e alla mia storia difficile e sofferta.
Volevo capire come gli uomini potessero raggiungere il “successo” cioè in che modo realizzarsi come persone, superando i propri condizionamenti familiari e sociali.
Quale responsabilità hanno i nostri genitori, insegnanti, educatori nel portarci al successo?
Quale responsabilità abbiamo noi verso noi stessi nel perseguire i nostri obiettivi?
Come e dove trovare il coraggio, l’aiuto, il supporto e la costanza in questo cammino?
Capii in seguito grazie al Coaching Umanistico le risposte che stavo cercando.
Si trattava di cominciare a guardare in avanti e allenarsi con metodo e costanza per reimpossessarmi della mia vita, delle mie aspirazioni profonde.
Non serviva più guardare alle cause del malessere (il passato non si cambia, semmai si interpreta diversamente).
Serviva piuttosto tirare fuori le risorse profonde e scommettere su un futuro diverso.
E’ stato il Coaching Umanistico a cambiarmi la vita! Ed il perdono è stato fondamentale.
Quando nel 2008 mi sono licenziato dalla banca in cui lavoravo, ho cominciato il mio lento ma inesorabile cammino verso questo tipo di “successo” e di autorealizzazione.
Ero consapevole del fatto che la sofferenza vissuta era stata un dono di Dio, una difficoltà da superare per riscrivere il mio futuro.
Questo cammino faticoso e tortuoso all’interno del quale mi ero più volte smarrito, oggi costituisce la mia più grande risorsa: la motivazione e la spinta ad aiutare gli altri.